– Chiara Beretta Mazzotta: editor, blogger, co-conduttrice di un programma radiofonico, sostenitrice degli e-book e soprattutto lettrice.
Come vedi il mercato editoriale e quale pensi possa essere il canale promozionale vincente per sostenerlo?
Il mercato editoriale è asfittico. La crisi? Ma no, quella è nata con l’editoria! (Risata amara). La sensazione è che ci sia una chiusura e mancanza di prospettiva. Non si possono fare pochissimi investimenti, ignorare pressoché il digitale, frequentare poco e male la rete (che poi “la rete” è una definizione ridicola, oggi, la rete è la piazza, noi siamo la rete). Mi è capitato di presentare e di veder proposte iniziative interessanti che sono state del tutto ignorate. Non subito, no. Di solito le lodi cessano nell’istante in cui si chiede il (giusto) compenso. Come fa un settore a pretendere di vivacchiare grazie al “volontariato”?!
I canali promozionali vincenti sono la radio che ritengo adattissima per raccontare storie (la storia di un libro, di chi l’ha scritto, delle persone cui è rivolto…), la televisione (soprattutto le trasmissioni in cui libri, professionisti del settore e scrittori latitano, spesso accade per snobismo mentre a mio parere i posti vanno occupati! È necessario proporre contenuti, comunque e dovunque) le sale d’aspetto (tutte!), i taxi (#LibriInTaxi)… e ovviamente le librerie che non sono solo i posti dove comprare i libri, sono la “casa” delle storie. In libreria si dovrebbe andare alla scoperta di parole, certi di trovare consigli preziosi, persone che amano la nostra stessa passione, corsi stimolanti…
– Sul tuo blog hai aderito a una interessante e condivisibile iniziativa “La correttezza paga e chi non paga è fuori”. Tu che hai maggiormente il polso della situazione, è davvero così difficile far riconoscere e retribuire le professionalità?
Sì. La colpa però non è solo di chi non salda ma di chi accetta di non essere pagato o di venire pagato pochissimo. La teoria del “io sono più furbo e a me pagheranno” è disastrosa per il mercato, perché permette ai parassiti editoriali di sopravvivere. Poi, spesso, alla base del problema c’è un fraintendimento grottesco: leggere e valutare un testo è una attività professionale e va retribuita, tradurre è un lavoro faticosissimo e preziosissimo non un hobby, scrivere un pezzo non è un modo per ammazzare il tempo… ogni volta che si accetta di non essere pagati si dà credito a chi pensa che quello creativo e culturale sia un piacere e non una attività professionale. E poi c’è la crisi. Un po’ come i medici incompetenti che quando non conoscono il problema si appellano allo “stress”, i non pagatori calano il loro jolly: la crisi. La crisi impone a tutti maggiore professionalità non certo di svalutare (e ammazzare) la forza-risorsa lavoro.
– Quest’anno al festival La passione per il delitto eri presente nella duplice veste di moderatrice e di tutor per i concorrenti del Big Dark Slam: in quale ruolo ti senti più a tuo agio?
Senza dubbio il secondo! Sono discretamente timida. Per chi non ci crede: il timido non è solo quello che si astiene dal fare certe cose, è quello che si mette in gioco come andasse al patibolo e mentre lo fa, dentro, soffre le pene dell’inferno! Solo che la passione per le storie e la curiosità di scoprire come sono nate supera tutto. Ecco perché dopo le interviste, comunque sia andata, sorrido. È andata!
Seguire un autore è speciale. Un lavoro delicatissimo e sempre in bilico: parlare, tacere, spronare, ascoltare, suggerire… è terribilmente intimo, come passeggiare nella “pancia”, nel cuore e nel cervello di chi scrive. Quindi non si può dare mai nulla per scontato, a cominciare dal fatto che no, lavorare bene con tutti è impossibile. Ho trovato l’idea del corso di scrittura di Elisabetta Bucciarelli e Sebastiano Mondadori splendida: due metodi, due sguardi sulla scrittura, lettura, letteratura… un regalo a chi ha una passione e cerca professionalità e ascolto. Alla fine ho visto tante facce soddisfatte. Serve ricordarsi che la scrittura è un sogno, non solo un lavoro.
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