“In realtà il discorso è molto semplice, almeno dal punto di vista teorico. Se noi riusciamo ad individuare quella sorta di ideale distorto e a dissolverlo, o quantomeno mostrarne l’assurdità, il probolema è risolto alla radice. Altrimenti qual è la soluzione? Li prendiamo tutti, li mettiamo in prigione, e poi? Ne arriveranno altri. Magari diversi, magari piu’ forti, magari no: continuiamo le indagini, prendiamo anche loro e li mettiamo in prigione. Benissimo. E altri ancora ne arriveranno, e ammazzeranno altre persone, e tutti diranno: che ha fatto lo Stato? A che gioco stiamo giocando? E allora ecco pronte altre leggi, ancora più repressive e poliziesche. E il rancore porterà a nuovo rancore, e così via…. No, finchè non avremo trovato una soluzione all’odio, non finirà mai davvero.”
È questa l’amara, idealistica diagnosi che fa Giacomo Colnaghi, magistrato milanese impegnato, negli anni ’80, a indagare su una banda armata responsabile di un omicidio.
Ma l’omicidio del politico democristiano fa da sfondo ad un’analisi ben più complessa e articolata.
Una serie di salti tra presente e passato ci fanno percorrere due binari paralleli della storia d’Italia: la Resistenza e il terrorismo degli anni di piombo.
Il magistrato Colnaghi è impegnato a capire davvero, non solo ad imporre sentenze.
Vuole arrivare alla radice per cambiare le cose e regalare ai propri figli un mondo migliore.
Un’utopia? Un eccessivo idealismo? O soltanto un uomo che cerca di fare al meglio il proprio lavoro, pur con tutti i limiti e le difficoltà?
Morte di un uomo felice
Giorgio Fontana
Sellerio Editore Palermo